Una rosa bianca..

giovedì 30 ottobre 2008

Una rosa bianca.

Un fiore di plastica è tutto ciò che resta del ricordo di Giovanna Reggiani, appeso alla rete di ferro che circonda quella strada maledetta dove un anno fa è stata uccisa. Il massacro della donna, picchiata dal rumeno Mailat un anno fa e morta dopo un calvario di due giorni all'ospedale S. Andrea, aveva sollevato il problema della sicurezza a Roma; degli accampamenti nomadi; di una Tor di Quinto simbolo della criminalità.

Oggi i campi rom che un tempo «accerchiavano» l'area non ci sono più. Ma lì, dove i fiori non crescono e non vengono lasciati nel ricordo della Reggiani, poco altro resta. Ai lati di quella piccola lingua d'asfalto dove Giovanna camminava, quella sera, la campagna è ancora desolata.

Persa. Abbandonata fra i detriti.

Tra un cilindro di polistirolo e un paccheto mezzo vuoto di patatine buttato via chissà da chi, forse da un passante incurioso dal senso di solitudine che ancora suscita la strada. La rete di ferro che la circoscrive in alcuni punti è ancora aperta, sradicata, e al di là c'è una bottiglia di birra in vetro bagnata dalla pioggia romana. Più in fondo, dove l'erba è più alta ce n'è un'altra. Anzi, altre tre.

Sulla strada corre una macchina con i militari a bordo. Chi abita da queste parti dice che passa un paio di volte al giorno, di solito di sera. Gira a destra alla fine di via di Tor di Quinto e scala la seconda marcia per entrare nella via «della Reggiani». Arriva fino in fondo, dove c'è la stazione Tor di Quinto, la stazione «di Giovanna», mette la retro, gira e se ne va.

Al buio.

Perché di luce qui ce ne è poca. E se la Luna si nasconde dietro una nuvola, la luce non c'è proprio. I lampioni, o i lampioncini, promessi non ci sono. Per ora non sono stati installati. Certo, grazie ai militari, i nomadi e gli accampamenti non ci sono più da queste parti, ma di notte è meglio non inoltrarsi per quella piccola lingua d'asfalto: se non altro perché senza luce si potrebbe finire oltre la rete in mezzo a una campagna infida piena di fango e buche.


E se qualcuno riuscisse ad arrivare in fondo alla via «della Reggiani» troverebbe poco. C'è un cantiere, nient'altro. Lì la stazione di Tor di Quinto la stanno rifacendo. Buttando giù e rifacendo perché un anno fa, con la morte di Giovanna, il Comune ha deciso di avviare il progetto per rendere più sicura la zona. Stazione compresa. Ma i lavori sono ancora in corso.

Ci lavorano quattro o cinque operai, sembrano romeni. Dicono che sono rimasti fermi per più di sei mesi, perché dovevano fare gli scavi e vedere se c'erano beni archeologici sotto terra da mettere al riparo da trapani e picconi. Concluse le indagini, alla fine non c'era niente lì sotto la stazione, ma è la prassi. Adesso mancano due mesi di lavori, e il treno potrà di nuovo fermarsi qui. Del resto una delle due strutture della stazione è già pronta, mancano solo gli ascensori.

Poi la via «della Reggiani» tornerà a riempirsi di pendolari e passanti in partenza e in arrivo a Tor di Quinto, che di fretta calpesteranno anche l'ultima rosa in memoria del massacro di Giovanna.

Fabio Perugia per Il Tempo

0 commenti: